giovedì 13 agosto 2009

L’enigma dei Tarocchi
Di Stefano Bazzani
I misteri pagani rinascimentali
furono concepiti per iniziati:
richiedono quindi un’iniziazione.
Edgar Wind
(misteri pagani nel rinascimento)
Prefazione

I Tarocchi sono un enigma che per più di cinquecento anni ha mantenuto ben celato il proprio segreto: ora è giunto il momento di rivelarlo.
Le ricerche storiche fin qui condotte hanno finalmente stabilito con certezza molte cose sulla loro origine, e questo ci sarà sicuramente utile, anche se va detto che la ricerca “storica pura” non ci porterà a ricomporre completamente questo puzzle.                                                                              Per farlo dovremmo affidarci sopratutto al metodo investigativo: metodo che tiene conto anche delle prove indiziarie.                                                                                                                           Per gli storici solo i documenti ufficiali possono provare o no “la storia”: ecco il difetto di una scienza che pretende l’esattezza a discapito dell’interezza.                                                                    Una volta che i documenti ufficiali mancano o svaniscono o sono bruciati, come nel caso degli archivi di Milano, non c’è più storia?                                                                                             Inoltre, altra cosa da precisare è che, se qualcuno ha voluto celare un segreto, certamente non avrà lasciato documenti che lo rivelino.                                                                                            Ogni buon romanzo giallo ci insegna che chi commette un reato, magari non lascerà prove, ma qualche indizio rimane sempre.                                                                                                                Il primo fra questi è uno schema.
Grazie allo schema finalmente riusciremo a dare un senso compiuto a questa mirabile opera dell'ingegno che sono i Tarocchi.

Lo shema


Scrive Giordano Berti (Fenix n.5 pag 70), che nei Tarocchi è ben visibile una forte componente cristiana, sostenendo poi che questa è la chiave per la loro interpretazione. 
Non è così.
Dimostrerò che i tarocchi non hanno a che fare con il cristianesimo, ma piuttosto con un’eresia ben celata dietro l’apparenza di figure cristiane.
In un’epoca di accanite censure da parte della Chiesa cattolica, quale miglior modo per nascondere un insegnamento che dalla chiesa stessa sarebbe stato considerato eretico?

La mia ricerca iniziò dalla scoperta di uno schema ben preciso celato nei Tarocchi.
Matto e Bagatto, poi Papessa_Imperatrice_Imperatore_Papa, ancora una quartina, Amanti_Carro_Giustizia_Eremita, La Ruota della Fortuna a dividere la prima dalla seconda serie. 

Si riparte con tre terzine: Forza_Appeso_Morte, 
Temperanza_Diavolo_Torre, 
Stella_Luna_Sole, 
per finire con coppia di carte come all’inizio, Risveglio_Mondo (Fig. 1).


Ciò che è subito evidente sono le quattro figure principali: 


 papessa, imperatrice, imperatore, papa (Fig. 2).







La seconda è nell’ultima terzina: i tre astri consecutivi (Fig. 3).







Già molti studiosi lo avevano notato (si vede bene anche sistemando in
successione lineare le carte) ma non erano mai riusciti a trovarne il nesso.
Nella sistemazione consecutiva delle carte non si poteva notare come forza, temperanza e Stella, fossero una conseguente all’altra(Fig 4).


Qui tre donne compiono un gesto con le mani: la Forza apre le fauci al leone, la temperanza tiene in mano due brocche e ne riversa l’acqua da una all’altra e la stella, che ha sempre in mano le stesse brocche, ne versa il contenuto a terra. 
Proseguendo l’osservazione verticale, nella seconda terzina si noti il senso di costrizione (appeso), funesto o intimidatorio (diavolo) e oscuro lunare (luna). 
Nella morte e nella torre si può osservare la fatalità di un volere superiore, che invece scompare nell’ultima carta delle terzine verticali con “il sole”.
Dopo l’osservazione visiva, l’interpretazione renderà tutto più chiaro (vedi fig 1).


Interpretazione
Essendo questo un articolo e non un trattato sui Tarocchi, farò solo una breve stesura interpretativa dello schema, quanto basta per darne un senso compiuto. 
Dopo di che entreremo nel vivo dell’argomento, cioè ritrovare il loro fantomatico ispiratore.
Quando vidi per la prima volta lo schema per me fu semplice interpretarne il significato, perché fa parte di un percorso iniziatico che ben conosco.
Non avevo mai studiato i Tarocchi primi, e probabilmente anche questo contribuì in modo determinate a vedere con chiarezza, senza essere falsato dai preconcetti che avrebbe sicuramente creato la lettura delle svariate opere interpretative.

Il significato globale dello schema è di analizzare il percorso di crescita dell’individuo, e spiegare le trappole in cui può cadere prima di poter realizzare se stesso.
Si dice che ognuno di noi viene al mondo con un compito, una missione da compiere, ma che solo pochi arrivino a realizzare il proprio intento.

Lo schema ci porta in questa dinamica: in principio è spirito (in termini cristiani) che vagabonda inconsapevole di se stesso (il matto), finché non concepisce di doversi realizzare (il cappello a otto simbolo dell’infinito le vesti signorili e tutti gli elementi simbolici di terra, acqua, aria e fuoco sul tavolo del Bagatto fanno pensare a una persona realizzata, piuttosto che a un ciarlatano come alcuni interpretano; una persona completamente consapevole delle proprie potenzialità).
Le quattro figure di comando ci indicano il carattere, quello che nella classificazione psicologica moderna chiameremmo: femminile-introversa, femminile-estroversa, maschile-estroverso, maschile-introverso.
Lo spirito si muove dunque condizionato dal proprio carattere prima, poi dal sentimento che lo anima. L’amore, la conquista, il senso di giustizia e la ricerca della conoscenza, questa è l’interpretazione degli amanti, il carro, la giustizia e l’eremita.
La ruota della fortuna rappresenta la sorte, ciò che muove gli avvenimenti in direzioni inaspettate.
Le terzine rappresentano quello che oggi chiameremo le tre vie di pensiero “ateo”, “religioso”, “scientifico” (ricordiamo che nei tarocchi Ferraresi stella e luna hanno nella parte sottostante delle carte astrologi o alchimisti, l’equivalente dei nostri attuali scienziati).
Nella prima terzina è rappresentato il “pensiero ateo”, si vede come nella forza sia il suo credo. L’appeso, il suo impedimento e la morte: l’evento ineluttabile e inspiegabile che sancisce la fine della vita.
La seconda rappresenta il “pensiero religioso”. La vita del credente è come l’acqua che scorre da una brocca all’altra per mano divina (Angelo o Temperanza), il suo unico compito è onorare questo dono, riconoscendo ciò che è giusto da ciò che è sbagliato nei confronti della divinità. Il Diavolo è l’angelo della punizione per chi trasgredisce al volere supremo. Per ultimo, l’accettazione del concetto che ciò che Dio crea, Dio può distruggere, è ben rappresentato dal fulmine che squarcia la torre.
Nell’ultima terzina, la Stella, rappresentata da una donna che si spoglia delle vesti e mette le ginocchia a terra riversando l’acqua dalle brocche a simboleggiare la liberazione dal pensiero dogmatico. Nello studio delle stelle l’uomo carpisce i segreti del creato, riconosce gli influssi dei pianeti e della luna e concepisce che l’esistenza è dono del sole, unico vero dispensatore di vita. Lo spirito ha realizzato se stesso e uscendo dalla tomba risveglia l’Adamo e l’Eva, a rappresentazione dell’umanità intera. Quando l’umanità intera avrà questo risveglio, il mondo sarà nella piena realizzazione di se stesso; allora non il dogma, ma la saggezza e la verità regneranno su di esso.

Indagine comparativa


La chiave interpretativa dei Tarocchi ci dà ora la possibilità di tracciare un pensiero ben preciso, addirittura un progetto di rinascita per l’uomo e per il mondo: cosa sicuramente ambiziosa. Questo mi fece da subito sperare nella possibilità di rintracciare la figura che ispirò tale schema. Partendo da alcune considerazioni storiche facilmente riscontrabili, prima fra tutte che i Tarocchi sono nati nell’Italia settentrionale del XV secolo, si può supporre che in quell’epoca il pensiero espresso nei Tarocchi non fosse cosa comune, ma piuttosto espressione di un vero sapiente-filosofo, probabilmente un iniziato ai grandi misteri, il quale, se avesse espresso liberamente tali idee, sarebbe stato tacciato di eresia. Si era creata nella mia mente l’immagine di un personaggio sopra le righe, un personaggio non comune, che non poteva passare inosservato. Per l’indagine era necessario fissare alcuni punti precisi: primo, trovare la data in cui fu creata la serie di carte con le caratteristiche che ho riscontrato nei Marsigliesi; secondo, delimitare il luogo dove questo avvenne; terzo, chi nel luogo e nel tempo poteva calzare la forma mentis riscontrabile nello schema. Gli storici hanno stabilito che i Marsigliesi non sono un mazzo originale, ma furono sicuramente copiati da Tarocchi molto più antichi. Oggi indicano con certezza assoluta il mazzo di Trionfi milanesi soprannominati “Visconti-Sforza”, miniato da Bonifacio Bembo. Questo mazzo non è il primo della storia di Milano, ma è l’unico che corrisponde allo schema. Altri due mazzi più antichi, arrivati fino ai nostri giorni, anche se molto incompleti, ci danno l’opportunità di riconoscere le figure matrici del “Visconti-Svorza”. Questo fa supporre che i Tarocchi non nacquero come opera compiuta, ma subirono vari rimaneggiamenti prima di trovare la loro forma definitiva nel V-S. Lo stesso mazzo V-S non è opera di una sola mano, poiché è ben visibile lo stile di un altro pittore oltre al Bembo. Gli storici non ci sanno dire se le carte furono sostituite perché perse, o integrate per completare il mazzo. Personalmente propendo per la seconda ipotesi. Nei primi anni del 1400 non esistevano solo mazzi standard; per movimentare e variare il gioco s’inventava di tutto. Filippo Maria Visconti commissionò lo studio di un mazzo mitologico, “il mazzo degli dèi”, al suo anziano precettore e consigliere Marziano da Tortona. Alle classiche carte numerali, invece delle consuete 16 carte di corte, si sostituirono queste carte, con 16 di divinità. Molto probabilmente i Tarocchi vedono il loro progenitore in questo mazzo di carte. Una storia non documentata narra che Visconti commissionò “il mazzo degli Dei” per il figlio che stava attendendo, ma nacque una figlia, Bianca Maria Visconti. Se questa storia è vera, è probabile che si sia deciso di rielaborare il mazzo con figure più consone a una fanciulla. Infatti uno dei mazzi viscontei pervenutoci ha tre carte particolari, le virtù teologiche di Fede, Speranza e Carità, figure sicuramente più femminili e consone all’istruzione di una ragazza. Del mazzo degli Dei si è ritrovato solo il libretto d’istruzioni per il gioco. Gli storici hanno così pensato che le carte siano state perse, ma, come dicevo, se la storia del figlio è vera, è plausibile che il primo mazzo non sia mai stato realizzato, e invece da subito si sia elaborato uno dei mazzi Viscontei che conosciamo. Sappiamo che i due mazzi precedenti al V-S non avevano le figure astrali di Stella_Luna_Sole fondamentali per lo schema. Queste furono introdotte a Ferrara. Quindi siamo tra Milano e Ferrara, fra la prima e la seconda metà del XV secolo e ci chiediamo chi in quest’ambiente e in questo tempo, potesse avere delle idee corrispondenti a ciò che ci racconta lo schema. Dallo studio di svariate opere letterarie italiane medievali scaturiscono molti spunti interessanti. L’individuazione di un autore come il Petrarca “in primis”, che compone un poema sui Trionfi: trionfi com’erano chiamate queste particolari carte prima di prendere il nome di Tarocchi. Il poema tratta di una specie di visione composta in terza rima. Il testo è diviso in sei capitoli, ciascuno dedicato a un trionfo, e vuole rappresentare in chiave allegorica la vita umana, dalla lotta contro le passioni alla consapevolezza della fugacità delle cose terrene, alla finale vittoria dell'Eternità. La struttura del poemetto è la seguente: 1 Il Trionfo d'Amore, 2 Il Trionfo della Pudicizia, 3 Il Trionfo della Morte, 4 Il Trionfo della Fama, 5 Il Trionfo del Tempo, 6 Il Trionfo dell'Eternità. Indubbiamente ci sono molte assonanze con la nostra ipotesi schematica, ma Petrarca morì nel 1374, troppo in anticipo sull’epoca della nostra indagine e fra l’altro, per quanto ne sappiamo, ancor prima che il fenomeno delle carte da gioco si diffondesse in Europa. Rimane la possibilità che qualcuno, ispirandosi a quest’opera, in seguito abbia elaborato lo schema, ma non ho trovato sufficienti riscontri per continuare l’indagine. Il mio secondo indiziato è Matteo Boiardo, ma il suo componimento sui Trionfi è troppo tardo, quando già i Tarocchi avevano assunto la struttura dello schema e in più nel componimento non si trovano analogie al pensiero che stiamo indagando. Il terzo fu Marsilio Ficino, figura molto interessante per la nostra ricerca. Cosimo de' Medici gli donò un codice platonico e una villa a Careggi, che diverrà nel 1459 sede dell'Accademia Platonica, fondata dallo stesso Ficino per volere di Cosimo, con il compito di studiare e tradurre le opere di Platone e dei platonici. Secondo Ficino, esisterebbe una concorde e antica tradizione teologica, una priscae theologiae undique sibi consona secta, che nasce con Ermete e si conclude con Platone e che si propone di sottrarre l'anima dagli inganni dei sensi e della fantasia, per portarla alla mente; questa percepisce la verità, l'ordine di tutte le cose, sia esistenti in Dio che emanate da Dio, grazie all'illuminazione divina, cosicché l'uomo, tornato fra i suoi simili, li rende partecipi delle verità rivelategli dalla fonte divina (divino numine revelata). Queste parole sembrano indicare in Ficino l’uomo giusto. Ci risulta che Ficino studiò a Bologna e da lì, convocato da Cosimo de Medici, si trasferì a Firenze: le altre due città prese in considerazione oltre a Milano e Ferrara per la paternità dei Tarocchi. Alcune perplessità comunque rimangono, soprattutto perché nessuno degli studiosi di filosofia ed esoterismo successivi a Ficino, da Cornelio Agrippa per arrivare a Court de Gebelin, menzionano o anche solo alludono vagamente ad un collegamento con l’ermetismo di Ficino ai Tarocchi. Inoltre anche la corrispondenza delle date storiche lascia a desiderare. Molti filosofi alchimisti rinascimentali furono influenzati da questa visione Platonica. Nell’opera di Cornelio Agrippa, come in quella di Ficino, ci sono echi che riportano sicuramente alle immagini dello schema dei tarocchi. Nei primi due capitoli del libro di Agripa, intitolato La magia naturale, l’autore stabilisce l'intento dell'opera e premette che esistono tre mondi, l’Elementare, il Celeste e l'Intellettuale, investigati rispettivamente da tre scienze, la Fisica o Magia naturale - che svela l'essenza delle cose terrene - la Matematica o Magia celeste - che fa comprendere il moto dei corpi celesti - e la Teologia o Magia cerimoniale - che fa comprendere <>.
Nel rinascimento il Platonismo e l’importanza data ai numeri, specie il tre, considerato il numero perfetto e il quattro, il numero degli elementi, sono alla base del pensiero ermetico. Dalla musica in terzine, alla pittura (esempio fra i tanti “la primavera” del Botticelli, fig. 5),
si può riscontrare il tre per tre, come nella seconda parte dello schema. Ma il filone di pensiero deriva direttamente dal corpus di opere tradotte da Ficino stesso. Studiando in maniera più approfondita Ficino, si scopre che l’autore, invaghitosi delle opere di Psello e del libro Picatrix, si allontana dai concetti Platonici per avvicinarsi maggiormente alla magia talismanica, cosa che a mio avviso lo distanzia dalla visione descritta nei Tarocchi. Comunque, continuando a indagare la sua figura, scopro che Cosimo de Medici concepì l’idea di un’università di stampo Platonico, sull’onda dell’entusiasmo provocato dall’ascolto dei discorsi di un Bizantino, al concilio di Ferrara-Firenza svoltosi fra il 1438 e il 1439: Giorgio Gemisto, cui proprio per l’autorevolezza, la loquacia, la sagacia e l’intelligenza fu dato il sopranome di “Pletone”, il nuovo Platone. Di Pletone ci rimangono solo due opere scritte, “Delle differenze fra Platone e Aristotele” e “Trattato delle Virtù”, ma è bastato leggere poche righe di quest’ultima per capire che era la persona giusta, arrivata nel posto giusto al momento giusto.
A caccia d’indizi


Il 4 marzo del 1438 fece il suo ingresso dalla porta di San Biagio a Ferrara l'imperatore Bizantino Giovanni VIII Paleologo. Al suo seguito c'era una folta schiera di eruditi (quasi 700).
La convocazione a Ferrara si doveva al tentativo di riconciliazione fra la Chiesa d'occidente con quella d'oriente. Il concilio terminò l'anno seguente a Firenze (dove si era trasferito a causa di un'epidemia di peste scoppiata a Ferrara), con un nulla di fatto o perlomeno scarsissimi risultati, tanto che gli storici lo ricordano solo a grandi linee per l'esigua importanza avuta nella storia della Chiesa. Tutt'altro parere invece ci è fornito dall’analisi della nascita del pensiero umanista, pensiero che segna la divisione fra Medioevo e Rinascimento. Qui il riconoscimento a questo evento e in particolare alla figura di Giorgio Gemisto diviene di grande importanza. Il Bizantino Pletone, al termine del concilio, si dice sia tornato a Mistrà, dove morirà nel 1452; ma fonti non ufficiali danno per certo che Pletone rimase in Italia altri due anni, ospite a Rimini di Sigismondo Malatesta. Non ci sono prove, ma ciò sembra molto plausibile vista l’importanza che Malatesta attribuirà a questa figura, tanto da riedificare la chiesa di San Francesco, trasformandola in quello che il Papa Pio II Piccolomini definì Tempio Pagano, conosciuto oggi come Duomo di Rimini o Tempio Malatestiano. In seguito Malatesta intraprese una crociata in Morea, per riportare la salma di Gemisto e tumularla in un sarcofago sulla facciata esterna del Tempio, come compimento dell’opera, con l’effige in latino:
"Philosophor[um] sua tem[estate] principis" ovvero "Principe dei filosofi del suo tempo (Fig. 7).


Sigismondo era direttamente imparentato con gli imperatori Paleologo, tramite la cugina Cleopa che fu a Mistrà allieva dello stesso Pletone. Era imparentato con i Visconti e con gli Estensi. Seguendo questa traccia, a differenza delle altre, molti indizi iniziarono a confermare la tesi: Sigismondo Malatesta compare in uno dei documenti ufficiali che riguardano i Tarocchi. Nel 1451 Bianca Maria Visconti scriveva al marito Francesco Sforza di inviare a Sigismondo Malatesta un mazzo di “quelle carte di trionfi che se ne fanno a Cremona”. Nel palazzo Medici di Firenze, nella Cappella dei Magi, Benozzo Gozzoli cattura in uno dei dipinti l’immagine di un anziano barbuto identificato in Giorgio Gemisto che guarda nella direzione di un giovane Sigismondo Malatesta (Fig. 6).




Nei Tarocchi Ferraresi c’è una particolarità nella carta della forza: non vi troviamo Ercole con la clava che abbatte il leone (V-S) o la donna che ne apre le fauci (Marsigliesi), ma una donna seduta con una colonna spezzata fra le mani; e una figura molto simile la troviamo su una moneta coniata dal Pisaniello per Malatesta nel 1446 (Fig. 8).




















Da qui gli indizi cominciano ad accumularsi. Attualmente Silvia Ronchey nel suo libro “L’enigma di Piero”, ci spiega che la chiave per interpretare il famoso quadro di Piero della Francesca è rappresentata dalle “pappucce rosse” calzate da Ponzio Pilato (Fig. 9). Le “pappucce rosse” farebbero identificare questa figura non tanto Ponzio Pilato, ma piuttosto Giovanni VIII Paleologo, imperatore di Bisanzio all’epoca del concilio Ferrarese. Queste “pappucce”, essendo l’emblema identificativo degli imperatori Bizantini, diventano di estrema rilevanza anche per la nostra indagine. Nel V-S su cui stiamo indagando, nella carta dell’imperato compaiono delle “pappucce rosse” ben visibili (Fig. 10), che nei tarocchi più antichi non venivano raffigurate. Seguendo la traccia bizantina si potranno spiegare anche altre anomalie in diversi mazzi di carte; ad esempio nel mazzo conosciuto come “del Mantegna” che si pensa commissionato per il concilio di Modena del 1459. Concilio che fu convocato con l’intento di far partire una crociata per Bisanzio caduta in mano turca nel 1453. Nella carta dell’imperatore vi è raffigurato il medesimo imperatore con la testa china e un’aquila appollaiata a terra: questa potrebbe leggersi come la rassegnazione dopo la caduta di Bisanzio (Fig. 11).

Concludendo I Tarocchi, come molti esoteristi avevano intuito, sono davvero un antico libro iniziatico e probabilmente un progetto politico, ma nessuno si alzò una mattina e ideò da solo tutto questo. Piuttosto fu la conseguenza di svariati avvenimenti concatenati fra loro. Penso che i Tarocchi nascano dal fortuito incontro di una moda con un geniale filosofo. Quando Gemisto arrivò in Italia, a Ferrara dilagava la moda delle carte miniate. I mazzi erano svariati, ma il modello visconteo, che era nato da un progetto educativo con precetti sulla morale per la figlia Bianca Maria, fu visto da Gemisto o da qualche suo iniziato come l’opportunità di esprimere il proprio pensiero al di là di qualsiasi censura. Pletone, mistico, filosofo e considerato dal cardinale Bessarione ultimo dei grandi iniziati. A lui sicuramente dobbiamo l’ispirazione di quest’opera immaginativa. Riporto l’inno al sole recitato da Pletone, perché rappresenta perfettamente la carta numero 19 dei V-S (Fig. 12):




« Apollo re, tu che regoli e governi tutte le cose nella loro identità, tu che unifichi tutti gli esseri, tu che armonizzi questo vasto universo così vario e molteplice, o Sole, Signore del nostro cielo, sii a noi propizio. »





Stefbazzi@gmail.com


3 commenti:

La luce del mondo ha detto...

Teorie davvero interessanti, dallo schema nelle carte (bello davvero) ai personaggi nella loro genesi.

Praticamente un peccato che sia solo il post di un blog, meriterebbe di essere espanso su un libro.

Credo che al di fuori di questo piccolo paese farebbe un certo clamore.

Stefano ha detto...

Ciao Laura grazie per il tuo commento, se hai domande o vuoi altre informazioni sull'argomente questa è la mia mail: stefbazzi@gmail.com

JANAS ha detto...

Stafano..bello questo post, anche se ci sono arrivata per altre ragioni, curioso che anch'io abbia un certo fascino per i tarocchi!
Comunque sono qui per un altra ragione, ho visto che su face e in altri siti, utilizzi come Avatar o immagine del profilo una mia foto, purtroppo non sei il solo e questo nonostante sia tutelata dal diritto d'autore, come ho scritto a destra del mio blog ( http://sojanas.blogspot.it/search?q=essere+o+avere) le mie foto possono essere utilzzate a condizione che:
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