giovedì 21 agosto 2008

Cap.5 Identikit.

La conoscenza storica ha inizio solo quando entrano in gioco dei "testimoni" (i documenti che il passato mette a disposizione dello storico) ed un "esaminatore" che li sappia opportunamente interrogare. Senza le domande appropriate i testimoni rimarrebbero muti, senza testimoni i quesiti rimarrebbero irrisolti. (1)
Un testimone può essere preciso, inesatto, accurato, approssimativo, veritiero, bugiardo, fallace, fazioso, imparziale, obiettivo ..., la sua testimonianza può essere intenzionale, casuale, involontaria, accidentale, artefatta , mirata, progettata ... i modi e i mezzi della trasmissione del "documento" possono essere svariati e diversi, come indefinitamente vari e differenti sono i canali e i supporti del comunicare. Comunque sia, la principale preoccupazione di uno storico è quella di far parlare i propri testimoni al fine di comprendere ciò che essi dicono. In buona sostanza, senza "documenti" non è possibile alcuna conoscenza storica.
(1)
Fin dalle origini della lingua greca, nel dialetto omerico, il termine istor (histor) sta per "testimone", ossia "colui che vede" e di conseguenza "colui che sa in quanto è informato". La parola "storia" deriva, dunque, dalla radice indoeuropea vid, che in greco è id e in latino video, ed indica come il primo approccio con l'empirico passi attraverso l'osservazione e la descrizione di quel che si vede. Solo successivamente, allorché il dato d'esperienza è fissato nella memoria, diviene possibile riportare un qualcosa che altri (il testimone) ha riferito di aver visto. Il verbo ionico istoreo sta, in definitiva, per "investigo", "esploro", "osservo", "indago", "ricerco" il come stanno le cose al fine di esserne informato e istoria (historia) significa la descrizione dell'osservabile e, quindi, la sua trasmissione attraverso i canali della memoria collettiva.
così scrive Paolo Aldo Rossi in un articolo a pag. 55 del già citato libro "Tarocchi Arte e Magia" e che potete leggere qui.
Chi è il personaggio in questo ritratto?
Oltre ai testimoni, aggiungo che dobbiamo avere almeno un'idea di chi stiamo cercando.
In tutte le letture riguardante i Tarocchi; storiche o esoteriche, la conclusione è sempre la stessa: non sapremo mai chi li ha inventati.

Da parte mia, non sono mai stato particolarmente
attratto dai Tarocchi, anche se, frequentando ambienti esoterici e personaggi veramente appassionati, storie a riguardo ne ho sentite molte, tutte diverse fra loro, ma niente che convincesse o arrivasse a stuzzicare la mia curiosità. In tutte quelle storie nessuno mi sapeva fornire un'esposizione chiara, precisa e soprattutto completa su queste 22 carte.
Quando vidi per la prima volta lo schema, le cose cambiarono. I Tarocchi entravano in una logica di pensiero. Questo fece scaturire in me l'idea di poter tracciare un' identikit del loro autore.
Tramite la documentazione storica si è potuto relegare in un tempo ed in uno spazio la comparsa dei Tarocchi, ma solo tramite la giusta interpretazione di queste figure possiamo tracciare i lineamenti o meglio la "linea-mentis" del loro creatore.
I Tarocchi senza lo schema sono un insieme di figure che potrebbero semplicemente rappresentare le idee e la morale del tempo; ad esempio anche se di poco posteriore alla comparsa dei tarocchi, ne il poema "La nave dei folli" 1494 (clicca qui per vedere tutte le immagini o qui), possiamo riconoscere molte di queste figure nelle vignette moralizzatrici di Sebastian Brant rappresentate da una serie di xilografie delle quali alcune sono attribuite al giovane Dürer. Anche se non conosco (per ora) libri simili antecedenti la comparsa dei Tarocchi e so che Dürer fu ispirato da questi; ritengo presumibile che l'iconografia di per se, fosse assolutamente "normale", altrimenti non sarebbe stata usata per fare la morale alla gente ma piuttosto tacciata come blasfema. Matto, bagatto, imperatori e papi piuttosto che diavoli e angeli e la stessa ruota della fortuna erano parte di quelle vite e di quelle idee che nel XV secolo si diceva pensiero comune. Non sono le figure contenute nei Tarocchi a renderli speciali; solo nello schema potremmo rintracciare ciò che rappresentava una vera e propria "eresia" per quel tempo.
L'idea che mi sono fatto del fantomatico personaggio che concepì lo schema è di un eretico; quello che oggi più semplicemente chiameremo "libero pensatore", visto che eresia non significa altro che "scelta", e l'eretico di conseguenza non è altro che "colui che sa scegliere". Di proposito non ho usato il "può scegliere", perché difatti nel XV secolo al minimo accenno di idee diverse al Dogma si veniva condotti direttamente al rogo. Forse sta proprio qui "il movente" del nostro delitto. La genialità di celare in un insieme di figure assolutamente normali, in un'epoca di accanite censure, un'idea ed un insegnamento che sarebbe stato definito eresia.
Eretico dunque, ma non comune. Un'eretico che alla domanda: ma allora in cosa credi?
Avrebbe risposto:
la domanda che piuttosto mi dovresti porre è come nasce una credenza?
Da qui la considerazione che questo personaggio vissuto nel Nord Italia, nella prima metà del XV secolo con una personalità e una conoscenza fuori dal comune non potesse passare inosservato.
Questa è la copertina di un libro in cui ci sono le xilografie e sottostante le morali di Brant.

Ad esempio per l'immagine della Ruota della Fortuna vista sopra,
Brant ci dice:
"onori e successi umani son tutti fragili e caduchi. Nessuna cosa è stabile sulla ruota fatale del tempo e della fortuna: la gloria mondana tramonta, cadono e cadranno i regni. A ogni cosa terrena pon fine la morte."

Brant è dunque un testimone dell'epoca che ci racconta cosa rappresentavano nel XV secolo immagini molto simili ai Tarocchi. Probabilmente non è mai stato preso in considerazione per un'analisi figurata dei Tarocchi perchè tutto sarebbe diventato troppo banale rispetto al mito che si era creato, ma dal moto "niente viena a caso" forse proprio perchè non è caduto questo mito alla fine ho scoperto lo schema.

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